Cass., SS.UU., Sent. 29.08.2023, n. 25442

31.08.2023

Sulla ricorribilità del curatore fallimentare all'eccezione di prescrizione presuntiva e sulla deferibilità allo stesso del giuramento decisorio.

"Oggetto del contrasto è l'annosa questione del se, ed in che termini, il curatore fallimentare si ponga dinanzi alla possibilità di eccepire la prescrizione presuntiva prevista per i crediti relativi ai rapporti giuridici richiamati negli artt. 2954, 2955, 2956 cod. civ. (nel caso di specie quello afferente i crediti professionali di cui all'art. 2956, n. 2, cod. civ.), istituto a cui fa da contraltare la possibilità di deferire il giuramento decisorio, che peraltro costituisce l'unico strumento a tutela del creditore, a cui la prescrizione sia opposta. Questione complessa sul piano della ricerca di una soluzione giuridica soddisfacente, coinvolgendo istituti antichi o antichissimi, quali appunto la prescrizione presuntiva e il giuramento, nei cui confronti non è peraltro casuale che vengano mosse, soprattutto dalla dottrina, critiche severe che dubitano della loro persistente attualità.

Le questioni su cui il collegio remittente sollecita il pronunciamento delle sezioni unite -per le risposte non univoche rese dalle sezioni semplici, o all'interno di una stessa sezione, in merito all'utilizzabilità degli istituti ed alla natura dei medesimi- possono trovare soluzioni che, come l'ordinanza stessa evidenzia, spaziano dalla esclusione del curatore fallimentare dalla facoltà di eccepire la prescrizione presuntiva al riconoscimento in capo al fallito della capacità di prestare il giuramento. Nel mezzo si pone il diritto del curatore ad eccepire la prescrizione, senza che tuttavia nei suoi confronti sia deferibile il giuramento decisorio, tout court, per essere soggetto estraneo ai fatti estintivi dell'obbligazione e privo di capacità di disporre dei diritti, al pari della confessione (ex artt. 2737 e 2731 c.c.), oppure il riconoscimento della deferibilità del solo giuramento decisorio de scientia (art. 2739, secondo comma, seconda parte, cod. civ.) o de notitia (art. 2960, secondo comma, cod. civ.), non anche di quello de veritate (art. 2739, secondo comma, prima parte, cod. civ).

Quando peraltro riconosciuta la deferibilità del giuramento de scientia, o de notitia, si pone soprattutto l'ulteriore problema della sua efficacia, qualora, all'esito della formula pronunciata dal giurante, questi dichiari di non conoscere i fatti. In tale ipotesi, alle conclusioni, cui perviene parte rilevante della dottrina e parte della giurisprudenza -quando se ne riconosce l'ammissibilità-, secondo cui la dichiarazione di mancata conoscenza ha gli effetti del giuramento affermativo, favorevole dunque al giurante, si contrappone l'altro orientamento dottrinale, e una recente pronuncia della Corte di legittimità (Cass., 27 giugno 2022, n. 20602), che ritiene di attribuirne gli effetti del giuramento negativo, favorevole dunque al creditore delante. 

Alla prima questione -legittimazione del curatore fallimentare ad opporre la prescrizione presuntiva- deve rispondersi affermativamente. 

L'esistenza di obblighi contabili nella gestione di attività economiche o professionali, quand'anche finalizzate al controllo fiscale sul reddito dell'operatore, non possono escludere, ai fini civilistici, rapporti gestiti in via informale, così che la diffusione di strumenti di tracciabilità delle operazioni risulta ininfluente sulle ragioni e sull'esigenza di sopravvivenza della prescrizione presuntiva e sul conseguente utilizzo da parte di qualunque soggetto giuridico.

D'altronde, in termini generali, il ricorso alla prescrizione presuntiva è stato già escluso per quei rapporti di credito regolati per iscritto, che presuppone una disciplina più complessa del contratto. Per i rapporti che si sviluppano invece senza formalità, ed i cui pagamenti avvengono senza dilazione, né rilascio di quietanza, l'applicazione dell'istituto è fuori discussione. Inibirne l'utilizzo al solo curatore fallimentare rappresenterebbe dunque una privazione ingiustificata, come riconosciuto in giurisprudenza e dottrina, di uno strumento nella disponibilità invece di qualunque altro debitore, svantaggiando la massa dei creditori coinvolti nel fallimento, il cui patrimonio è affidato alla sua attività gestoria.

Invece, la questione più delicata, che questo collegio è chiamato ad esaminare, posto che al curatore, terzo rispetto all'imprenditore fallito, non può deferirsi il giuramento de veritate, è indicare quali effetti siano riconducibili alla pronuncia della formula di giuramento, qualora il delato dichiari di non conoscere i fatti. 

Ebbene, se il curatore è soggetto terzo, tenuto però ad acquisire informazioni sui pregressi rapporti commerciali ed economici in senso lato, non può pretendere di eccepire la prescrizione presuntiva, così come se si tratti di una prescrizione estintiva (fondata su elementi obiettivi), se non dopo aver acquisito elementi per affermare che quell'obbligazione si sia estinta. Egli è d'altronde consapevole che il creditore può deferirgli il giuramento, quanto meno nella forma de scientia, ed alla formula del giuramento, cui è obbligato a rispondere, deve "prepararsi". Nell'esplicazione del proprio ufficio si tratta di un soggetto ancora più coinvolto, atecnicamente potrebbe affermarsi che è ancora più "prossimo", negli affari del debitore, rispetto al coniuge o agli eredi richiamati dall'art. 2960, secondo comma, cod. civ.

Nei confronti di questi ultimi opportunamente il Legislatore ha infatti previsto il deferimento del giuramento in ordine a "notizie" sull'estinzione del debito, e che pertanto ben possono ignorare qualunque fatto, senza che tale ignoranza si rivolti a proprio danno.

Diverso invece è il ruolo del curatore fallimentare, come di un qualunque terzo interessato, la cui posizione è infatti più idoneamente riconducibile nella fattispecie evincibile dal combinato disposto degli artt. 2739, secondo comma e 2939, cod. civ.

E allora la dichiarazione di non conoscere il fatto estintivo dell'obbligazione non può ritenersi equivalente al giuramento affermativo, favorevole al giurante. Al contrario essa deve equivalere agli esiti di un giuramento negativo o al rifiuto di giurare, favorevole al deferente-creditore.

Va dunque affermato il principio di diritto, secondo cui «in tema di accertamento del passivo fallimentare, qualora, in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito, maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell'articolo 2956, primo comma, n. 2, cod. civ., sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno produce gli effetti del mancato giuramento»."