Cass., SS.UU., Sent. 13.12.2023, n. 34851

15.12.2023

Pronuncia delle Sezioni Unite sul riparto di giurisdizione del giudice tributario in ordine alla controversia avente ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego del contributo a fondo perduto.

Come correttamente rilevato dalla CGT di primo grado, la legittimazione del Giudice tributario a sollevare la questione pregiudiziale d'interpretazione è stata negata da una parte della dottrina in virtù della duplice considerazione della mancanza di un'espressa norma di rinvio all'art. 363-bis cod. proc. civ., nella disciplina dettata dal d.lgs. n. 546 del 1992, e dell'avvenuta soppressione di un'analoga disposizione originariamente contenuta nell'art.2, comma primo, lett. g), del d.d.l. n. 2636/2022, avente ad oggetto la riforma della giustizia e del processo tributario.

Tali obiezioni non appaiono tuttavia insuperabili, ove si tenga conto del generale rinvio alle norme del codice di procedura civile contenuto nell'art. 1, comma secondo, del d.lgs. n. 546 del 1992, che ne consente l'applicazione anche al processo tributario, per quanto non disposto dalle relative disposizioni e nei limiti della compatibilità con le stesse, dell'unicità della disciplina del giudizio di cassazione, applicabile anche al processo tributario, in virtù del rinvio contenuto nell'art. 62, comma secondo, del d.lgs. 546 cit., e della collocazione topografica dell'art. 363-bis cod. proc. civ., inserito proprio tra le disposizioni che disciplinano il giudizio di cassazione, nonché del tenore letterale della norma in esame, che nell'individuare l'organo legittimato a sollevare la questione pregiudiziale d'interpretazione fa riferimento al «giudice di merito», senza ulteriori specificazioni. Neppure può ritenersi ostativa all'applicazione dell'art. 363-bis cod. proc. civ. la distinzione della giurisdizione tributaria da quella civile, avuto riguardo alla comune individuazione, quale organo di vertice dell'ordinamento processuale, della Corte di cassazione, cui è attribuita la funzione di giudice di legittimità, con il compito di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo: finalità, queste, alla cui realizzazione contribuisce indubbiamente anche l'istituto del rinvio pregiudiziale, in quanto volto a sollecitare un responso anticipato della Corte in ordine ad una questione di diritto, sostanziale o processuale, non ancora risolta dalla giurisprudenza di legittimità ed avente carattere seriale, che presenti gravi difficoltà interpretative ed appaia rilevante ai fini della decisione della controversia sottoposta all'esame del giudice remittente.

In realtà, è proprio la funzione nomofilattico-deflattiva assegnata al rinvio pregiudiziale ad avvalorarne la riferibilità anche al giudizio tributario di merito, non potendosi disconoscere l'utilità di tale strumento proprio in una materia come quella tributaria, nell'ambito della quale si rivela particolarmente pressante l'esigenza di assicurare l'uniforme interpretazione del diritto, anche al fine di contenere la proliferazione di un contenzioso notoriamente assai consistente sotto il profilo quantitativo e spesso connotato da caratteri di serialità, nonché di consentire una più rapida definizione delle controversie pendenti. [...]

Parimenti non decisive appaiono le obiezioni formulate da una parte della dottrina in ordine alla possibilità di sollevare, mediante il rinvio pregiudiziale, una questione di diritto incidente sulla giurisdizione del Giudice adìto.

Tale sindacato può essere esercitato non solo successivamente, in sede di ricorso per cassazione avverso le decisioni adottate dai giudici di merito, ma anche in via preventiva, senza tuttavia che sia prevista, almeno in prima battuta, un'iniziativa ufficiosa dal giudice adìto, al quale è consentito soltanto di reagire alla rimessione della causa da parte di altro giudice ritenutosi carente di giurisdizione: il regolamento di giurisdizione è infatti rimesso esclusivamente all'iniziativa delle parti, le quali possono peraltro promuoverlo soltanto finché la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado, mentre il conflitto di giurisdizione può essere sollevato d'ufficio dal giudice esclusivamente in caso di riassunzione del giudizio a seguito della declinatoria della giurisdizione da parte di un altro giudice. [...]

In sede di rinvio pregiudiziale, resta pertanto precluso il compimento d'indagini di fatto, anche nel caso in cui la questione sollevata rivesta carattere processuale, dovendo questa Corte limitarsi a prendere in esame il quesito di diritto formulato dal giudice di merito, rispetto al quale la situazione di fatto dallo stesso prospettata viene in considerazione esclusiva-mente ai fini della valutazione in ordine alla rilevanza della questione, che costituisce una delle condizioni di ammissibilità individuate dal primo comma dell'art. 363-bis.

Tali differenze non possono ritenersi tuttavia sufficienti ad escludere la compatibilità del nuovo istituto con la disciplina dettata per la risoluzione delle questioni di giurisdizione, configurandosi lo stesso, piuttosto, come uno strumento complementare a quelli già previsti dal codice di rito, rispetto ai quali svolge una funzione diversa, orientata non solo e non tanto tanto alla definizione della singola controversia pendente dinanzi al giudice che dispone il rinvio, quanto all'enunciazione di un principio di diritto suscettibile di applica-zione in un numero indefinito di giudizi, già pendenti o futuri, nei quali si ponga la medesima questione. La ratio dell'art. 41 cod. proc. civ. consiste infatti nell'accelerare la definizione della controversia, consentendo di dissipare in limine litis i dubbi eventualmente insorti in ordine alla giurisdizione del giudice adìto, attraverso la sollecitazione di una pronuncia immediata di questa Corte regolatrice sulla relativa questione, in modo tale da evitare che la decisione della stessa da parte del giudice di merito possa essere modificata in sede d'impugnazione, con la conseguente regressione del giudizio alla fase precedente.

Tale finalità acceleratoria consiste nel deflazionare il contenzioso inerente ad una determinata materia, favorendo la definizione dei giudizi pendenti e prevenendo l'instaurazione di giudizi futuri mediante la sollecitazione di una pronuncia nomofilattica di questa Corte, avente efficacia vincolante soltanto nell'ambito del giudizio in cui è adottata, ma idonea, per l'autorevolezza della fonte da cui promana e la sua capacità persuasiva, ad orientare le successive decisioni dei giudici di merito e le scelte degli operatori economici e giuridici in ordine alla convenienza dell'instaurazione di ulteriori giudizi. Non a caso, tra le condizioni di ammissibilità del rinvio la norma in esame richiede, oltre alla natura necessaria della questione ai fini della definizione anche parziale del giudizio ed alla mancata risoluzione della stessa da parte della Corte di cassazione, l'esistenza di gravi difficoltà interpretative, che il giudice remittente è tenuto a dimostrare anche mediante la specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili, e l'idoneità della questione a porsi in numerosi giudizi, in tal modo escludendo la possibilità di rimettere al Giudice di legittimità la soluzione di questioni che non richiedano un particolare sforzo ermeneutico o rivestano una portata meramente episodica, in quanto strettamente collegate alla peculiarità della situazione di fatto sottoposta all'esame del giudice di merito. [...]

Non merita d'altronde consenso l'osservazione formulata da una parte della dottrina, secondo cui l'ammissibilità del rinvio pregiudiziale ai fini della risoluzione di una questione di giurisdizione troverebbe ostacolo nella natura stessa di tali questioni, nell'ambito delle quali i profili di diritto risultano inscindibilmente connessi a quelli di fatto, giacché l'individuazione del giudice cui spetta la giurisdizione in ordine alla controversia presuppone necessaria-mente la valutazione della vicenda da cui trae origine la posizione giuridica fatta valere con la domanda giudiziale, che costituisce quindi un aspetto essenziale dell'apprezzamento demandato al Giudice di legittimità.

Per un verso, infatti, tale inscindibilità contraddistingue, in linea di principio, tutte le questioni di carattere processuale, per la cui risoluzione, com'è noto, questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, provvedendo al riscontro del vizio lamentato attraverso l'esame diretto degli atti di causa, indipendentemente dalla correttezza giuridica e dalla coerenza e logicità della motivazione adottata dal giudice di merito.

Per altro verso, anche in riferimento a tali questioni, è ben possibile distinguere concettualmente tra l'interpretazione della norma giuridica astrattamente destinata a regolare la fattispecie, che può essere demandata al Giudice di legittimità attraverso il rinvio pregiudiziale, e la ricostruzione della concreta vicenda processuale, che resta affidata al giudice di merito, sia in via preventiva, ai fini della motivazione in ordine alla rilevanza della questione, che in via successiva, ai fini dell'applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte: sebbene, infatti, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 363-bis, tale principio rivesta carattere vincolante nel giudizio a quo, dev'essere riconosciuta al giudice di merito la facoltà di escluderne l'applicazione, non solo alla luce di modificazioni normative eventualmente sopravvenute alla sua enunciazione, ma anche alla luce degli elementi risultanti da un'istruttoria più approfondita, ove dagli stessi emerga una situazione di fatto difforme da quella tenuta presente nella formulazione del quesito. [...]

Condivisibilmente, in proposito, l'ordinanza di rimessione richiama il principio, enunciato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui il carattere speciale della giurisdizione tributaria, preesistente alla Costituzione ed imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto, fa sì che, nella modificazione del suo oggetto, il legislatore ordinario incontri il duplice limite di «non snaturare» le materie ad essa originariamente attribuite e di assicurarne la conformità a Costituzione: l'identità della «natura» delle predette materie costituisce infatti una condizione essenziale, operante in riferimento ad ogni modifica legislativa riguardante l'oggetto di tale giurisdizione, e necessaria affinché la stessa possa qualificarsi come una consentita «revisione», e non si traduca quindi nell'introduzione di un «nuovo» giudice speciale, espressamente vietata dall'art. 102 Cost.

In tema di contributo a fondo perduto previsto dall'art. 25 del d.l. n. 34 del 2020 a favore dei soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica "Covid-19", il comma dodicesimo di tale disposizione, nella parte in cui prevede, all'ultimo periodo, che per le controversie relative all'atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal d.lgs. n. 546 del 1992, non trova applicazione ai giudizi aventi ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di diniego del contributo adottato dall'Agenzia delle entrate (c.d. scarto telematico).