Cass., Sent. 18.03.2024, n. 7200

20.03.2024

Completa disciplina afferente alla stabile organizzazione.

"La stabile organizzazione, istituto di origine convenzionale, ha ricevuto una disciplina compiuta nell'ordinamento interno a seguito delle modifiche apportate dal dl.gs. 12.12.2003, n. 344 all' art. 162 D.P.R. 22.12.1986, n. 917 , il quale, nella versione applicabile ratione temporis (ovvero nella versione precedente alla novella introdotta dall'art. 1 della legge del 27/12/2017, n. 205 , conseguente alla modifica, nel 2017, del modello Ocse), nelle parti che qui rilevano, prevede, al primo comma che "l'espressione "stabile organizzazione" designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l' impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato" e al quarto comma precisa che: "Una sede fissa di affari non è, comunque, considerata stabile organizzazione se: (...) viene utilizzata ai soli fini di svolgere, per l' impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere preparatorio o ausiliario".
Specularmente, la Convenzione tra Italia e Stati Uniti per evitare le doppie imposizioni del 25/08/1999, all'art. 5 comma 1, recita che: "1. Ai fini della presente Convenzione, l'espressione "stabile organizzazione" designa una sede fissa di affari in cui l' impresa esercita in tutto o in parte la sua attività", precisando al terzo comma che "Non si considera che vi sia una "stabile organizzazione" se: (...) (e) una sede fissa di affari è utilizzata, per l' impresa, ai soli fini di pubblicità, di fornire informazioni, di ricerche scientifiche o di attività analoghe che abbiano carattere preparatorio o ausiliario".
Quanto al rapporto tra le due fonti appena richiamate, deve sottolinearsi che quella convenzionale, a sua volta conforme al modello Ocse di convenzione tra gli Stati in materia di doppia imposizione, preesisteva al D.Lgs. n. 344 del 2003, che ha introdotto nel T.u.i.r. l'art. 162 ante riprodotto, dando attuazione all'art. 4, comma 1, lettera a), della legge delega 7 aprile 2003, n. 80, che prevedeva l'introduzione della nozione interna di stabile organizzazione, prescrivendone l'elaborazione "sulla base dei criteri desumibili dagli accordi internazionali contro le doppie imposizioni".

È quindi evidente la relazione di circolarità che, nella definizione e nell' interpretazione della nozione di stabile organizzazione, lega la norma interna di cui all'art. 162 D.P.R. n. 917 del 1986, già modellata sui criteri convenzionali, alla specifica singola previsione convenzionale e, pertanto, agli strumenti che sono di ausilio all' interpretazione di quest'ultima (in particolare il modello di convenzione ed il relativo commentario Ocse). Fermo restando, comunque, che le convenzioni, una volta recepite nel nostro ordinamento interno con legge di ratifica, acquistano il valore di fonte primaria, ai sensi dell'art. 10, comma 1, Cost. (che prevede il sistema di adattamento dell'ordinamento italiano alle norme del diritto internazionale) e dell'art. 117 Cost. (che prevede l'obbligo comune dello Stato e delle Regioni di conformarsi ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario ed agli obblighi internazionali), come peraltro ribadito, nella materia tributaria, anche dall'art. 75 del D.P.R. n. 600 del 1973 ("nell'applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in Italia") e dall'art. 169 del D.P.R. n. 917 del 1986 (per il quale le disposizioni dello stesso t.u. "si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione").

Sulla base delle norme da ultimo citate, quindi, questa Corte ha non solo affermato il principio generale che le Convenzioni, per il carattere di specialità del loro ambito di formazione, così come le altre norme internazionali pattizie, prevalgono sulle corrispondenti norme nazionali, dovendo la potestà legislativa essere esercitata nei vincoli derivanti, tra l'altro, dagli obblighi internazionali (art. 117 Cost., comma 1, nel testo di cui alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, art. 3), ma ha anche specificato che, in materia d' imposte sul reddito, le norme pattizie derivanti da accordi tra gli Stati prevalgono, attesane la specialità e la ratio di evitare fenomeni di doppia imposizione, su quelle interne.  [...]

Analogamente, la Corte di Giustizia UE ha da ultimo affermato che "un soggetto passivo destinatario di servizi, la cui sede d'attività economica è fissata fuori dell'Unione europea, non dispone di una stabile organizzazione nello Stato membro in cui è stabilito il prestatore dei servizi di cui trattasi, giuridicamente distinto da tale destinatario, quando quest'ultimo non vi dispone di una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici che possa costituire tale stabile organizzazione, e ciò anche qualora il soggetto prestatore dei servizi realizzi a vantaggio di detto soggetto destinatario, in esecuzione di un impegno contrattuale esclusivo, prestazioni di lavoro per conto terzi nonché una serie di prestazioni accessorie o supplementari, che concorrono all'attività economica del soggetto passivo destinatario in tale Stato membro"."