Cass., Ord. interlocutoria, 27.02.2023, n. 5870
Rimessa al Primo Presidente la questione dell'agevolazione IMU riconosciuta anche nel caso di abitazione principale nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, dimori abitualmente senza i suoi familiari.
"Le discipline dettate per l'ICI e per l'IMU in materia di "abitazione principale" sono state recentemente sottoposte a giudizi incidentali di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale con differenti esiti. Anzitutto, la Corte Costituzionale è stata investita delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, e dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, in riferimento agli artt. 3, 16, 29 e 53 Cost.; 7.2. tuttavia, dopo aver preliminarmente rilevato: «che le questioni vengono prospettate nel presupposto interpretativo che «entrambe le norme […] secondo il "diritto vivente", escludono la riduzione/esenzione dall'imposta [ICI e IMU] per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali», salva la prova della separazione legale o divorzio»; «che il giudice a quo non deve fare applicazione dell'art. 13, comma 2, del medesimo d.l. n. 201 del 2011, come convertito, recante la disciplina dell'esenzione dell'abitazione principale dall'IMU»; «che, tuttavia, va rilevata d'ufficio la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, perché formulata in modo oscuro e contraddittorio, con conseguenti ripercussioni in termini di ambiguità del petitum», il giudice delle leggi ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle predette questioni (Corte Cost., ord., 28 aprile 2022, n. 107); 8. al contempo, dopo essere stato investito delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come successivamente modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede l'esenzione qualora «uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un'immobile ubicato in altro Comune», per violazione degli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost., la Corte Costituzionale ha sospeso il giudizio ed ha sollevato d'ufficio dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 210 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nel testo modificato dall'art. 1, comma 707, lettera b, della legge n. 147 del 2013, in riferimento agli artt. 3, 31 e 53 Cost., «nella parte in cui, ai fini del riconoscimento della relativa agevolazione, definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore, ma anche del suo nucleo familiare» (Corte Cost., ord., 12 aprile 2022, n. 94).
8.1. all'esito, il giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»; ha dichiarato, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013; ha dichiarato, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 707, lett. b, primo periodo, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»; ha dichiarato, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 741, lett. b, secondo periodo, della legge n. 160 del 2019; ha dichiarato, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 741, lett. b, secondo periodo, della legge n. 160 del 2019, come successivamente modificato dall'art. 5-decies, comma 1, del d.l. n. 146 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 215 del 2021; ha dichiarato l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, sollevate, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost. (Corte Cost., sent., 13 ottobre 2022, n. 209);
9. prendendo atto di tale intervento manipolativo, in virtù della norma così come rimodulata, applicabile ai giudizi pendenti, questa Corte (Cass., Sez. 6^-5, 23 dicembre 2022, n. 37636; Cass., Sez. 6^-5, 16 gennaio 2023, n. 990; Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2023, n. 1623; Cass., Sez. 6^-5, 20 gennaio 2023, n. 1828; Cass., Sez. 6^-5, 24 gennaio 2023, n. 2045; Cass., Sez. 6^-5, 25 gennaio 2023, nn. 2256 e 2301) ha ritenuto sufficiente che nell'immobile risieda il possessore, pur se il coniuge risiede stabilmente altrove (nel periodo di riferimento).
Non si tratta, infatti, di una c.d. "seconda casa" - poiché in quest'ultima ipotesi non spetterebbe l'esenzione - ma di residenze diverse, il che costituisce un diritto dei due coniugi, in virtù degli accordi sull'indirizzo della vita familiare liberamente assunti ai sensi dell'art 144 cod. civ.; non può, infatti, essere evocato l'obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall'art. 143 cod. civ., dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l'affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte e a tale possibilità non si oppongono le norme sulla "residenza familiare" dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o sulla "residenza comune" degli uniti civilmente. La decisione del giudice delle leggi impone di rivalutare, per l'evidente analogia dei presupposti, la legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 2, del d.l.gs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, secondo l'interpretazione consacrata dal c.d. "diritto vivente", alla luce degli orientamenti consolidati di questa Corte, con riguardo alla permanenza del requisito della dimora abituale dei familiari ai fini del riconoscimento al contribuente dell'agevolazione prevista per l'abitazione principale; alla stregua di tale sopravvenienza, occorre, cioè, verificare se la "conformazione" al dettato costituzionale dell'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, che ha ridefinito – in senso favorevole al contribuente, per l'ipotesi di dimora e residenza dei coniugi in immobili ubicati in diversi Comuni (o anche nel medesimo Comune) - i requisiti dell'«abitazione principale», ridondi in un'illegittimità costituzionale "derivata" dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, almeno nella parte in cui è stabilito il comune presupposto della «dimora abituale» dei familiari per il riconoscimento dell'analoga agevolazione ai fini dell'ICI; [...] Per cui, nell'ottica di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, potrebbe pervenirsi alla sostanziale "disapplicazione" del "frammento" testuale coincidente con la formulazione originaria dell'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, in modo da espungere nella ricostruzione "costituzionalizzata" della regola desumibile dalla succitata disposizione - il riferimento ai «familiari» del contribuente nella definizione dell'abitazione principale; il che consentirebbe, attraverso una semplice operazione ermeneutica, di approdare ad un adeguamento della norma de qua all'assetto sistematico dell'ordinamento vigente con il conseguente ripristino della coerenza interna del corpus normativo, senza necessità, quindi, di sollevare un'ulteriore questione di legittimità costituzionale;
In conclusione, al fine di dare soluzione ad una questione di cui non può non evidenziarsi la particolare importanza, in relazione ai riflessi patrimoniali per i contribuenti ed i Comuni interessati, il Collegio ritiene di dover rimettere la causa al Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione affinché valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, ai sensi dell'art. 374, secondo comma, ultima parte, cod. proc. civ., in relazione al quesito se sia giuridicamente corretta e costituzionalmente orientata l'interpretazione dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, nel senso che l'agevolazione va riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente senza i suoi familiari".