Cass., Ord. 27.03.2023, n. 8599

29.03.2023

L'annullamento in autotutela dell'avviso di accertamento non implica consumazione del potere impositivo. 

"L'Ufficio, con riguardo al primo accertamento, ha provveduto, in via di autotutela e con effetti retroattivi, all'annullamento d'ufficio (o alla revoca) degli atti ritenuti illegittimi o infondati, che è espressamente riconosciuto dal D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1.

Con l'atto successivo, quello oggetto del presente giudizio, l'Ufficio ha adottato un provvedimento di rinnovo che non era precluso dal precedente annullamento in autotutela il quale non implica consumazione del potere impositivo, sicché, rimosso con effetto ex tunc l'atto di accertamento ritenuto illegittimo od infondato, l'Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare - nella permanenza dei presupposti di fatto e di diritto - la potestà impositiva. Gli unici limiti sono costituiti dal rispetto del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento e dal divieto di violazione od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull'atto viziato. [...]

Inoltre, non si pone un problema di giudicato perché la pronuncia di "cessazione della materia del contendere", con cui era stato definito il giudizio impugnatorio del precedente avviso annullato in autotutela, costituisce una fattispecie di estinzione del processo, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione dello stesso, inidonea ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere."