Cass., Ord. 26.02.2024, n. 4970

28.02.2024

Elementi costituenti l'operazione soggettivamente inesistente e corretta distribuzione dell'onere probatorio in capo alle parti.

"La CTR pone significativamente in luce la circostanza che gli amministratori del 'Consorzio CNOL' fossero a conoscenza del fatto che i prezzi praticati dalle cooperative di 2 livello derivavano da un comportamento illecito e quindi che il consorzio era a sua volta coinvolto nel meccanismo fraudolento; subito dopo, il giudice d'appello testualmente evidenzia che gli amministratori del Consorzio ed in particolare l'amministratore 'non potessero non sapere' o quanto meno non sospettassero che all'origine dei prezzi "fuori mercato" vi fossero dei comportamenti illeciti, a fronte dei quali avrebbero dovuto adottare comportamenti di maggiore prudenza.

A fronte di un costrutto argomentativo alla stregua del quale viene messo in risalto come, in ragione degli elementi sintomatici e circostanziali esposti, gli amministratori della contribuente non potessero non conoscere il meccanismo fraudolento, il collegio di merito lamenta subito dopo - contraddittoriamente - la mancata produzione di un qualche "elemento idoneo a dimostrare la 'consapevolezza', che pertanto è una mera presunzione". In realtà, nel pretendere dall'Agenzia una prova piena e diretta, svalutando l'incidenza della prova presuntiva e la rilevanza della mera conoscibilità della frode, la CTR si è posta in netto contrasto con il quadro sedimentato dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità.

Questa Corte ha, invero, a più riprese evidenziato che in tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell' imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l' imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto. [...]

Detta prova può ritenersi, peraltro, raggiunta qualora l'Amministrazione fornisca attendibili indizi, idonei ad integrare una presunzione semplice, come prevede per l'IVA l'art. 54, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972. Esclusi ogni automatismo probatorio o criterio generale predeterminato, l'onere dell'Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario s'incentra nella individuazione, a cura dell'Amministrazione, dì elementi obbiettivi e specifici in ordine al fatto che la contribuente cessionaria dei beni o dei diritti conoscesse o avrebbe dovuto conoscere, secondo i criteri dell'ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, e tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell'affare ed afferenti alla sua sfera di azione, che la realtà documentalmente espressa non corrispondeva a quella effettiva.

Una volta che l'Amministrazione abbia provato, in base ad elementi oggettivi, che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva, con l'emissione della relativa fattura, evaso l'imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto ed a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente, passa al contribuente medesimo l'onere di fornire la prova contraria."