Cass., Ord. 16.04.2024, n. 10166
Il giudice non può disporre d'ufficio l'acquisizione di mezzi di prova per supplire alla diligenza probatoria delle parti.
"Il processo tributario è informato alla regola generale di distribuzione dell'onere probatorio ex art. 2697 cod.civ., con la conseguenza che – in tema di recupero di un credito di imposta – è l'ente impositore, attore in senso sostanziale, ad essere gravato dall'onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa, più non operando nei confronti del giudice ordinario e di quello tributario la presunzione di legittimità degli atti amministrativi e, tra questi, di quelli impositivi. Il carattere dispositivo, e non inquisitorio né acquisitivo, del processo tributario è stato dal legislatore nel tempo rafforzato attraverso l'abrogazione dell'art. 7, co. 3^, d.lgs. 546/92, il quale sanciva che è sempre data alle commissioni tributarie facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia. [...]
All'esito della suddetta abrogazione, sono in effetti residuati in capo al giudice tributario determinati poteri istruttori di natura acquisitiva ed informativa, ma ciò nei soli limiti del 1^ co. del medesimo art. 7 (però insuscettibile di determinare la strumentale ed indiretta reviviscenza della disposizione abrogata) e, stante il richiamo ex art. 1, co. 2^, d.lgs. 546/92, nei limiti di cui agli artt. 210 (con necessità di una richiesta di parte) e 213 (informativa presso una PA che non sia parte del giudizio) del codice di rito. La giurisprudenza di questa Corte – appunto nel vagliare il perimetro di esercizio di questi residui poteri di acquisizione probatoria del giudice tributario, segnatamente nel prisma del primo co. dell'art. 7 cit. – ha più volte ribadito la natura dispositiva del processo tributario (improntato alla 'parità delle armi') e, in particolare, il principio per cui in nessun caso il potere del giudice di disporre d'ufficio l'acquisizione di mezzi di prova "può essere utilizzato per supplire a carenze delle parti nell'assolvimento del rispettivo onere probatorio, ma solo in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori in atti, e sempre che la parte su cui ricade l''onus probandi' non abbia essa stessa la possibilità di integrare la prova già fornita."