Cass., Ord. 15.02.2022, n. 4821

16.02.2022

Apparente confusione interpretativa tra l'art. 68 e l'art. 69 del D. Lgs. n. 546/1992

"La società fonda la legittimità della scelta operata in sede di dichiarazione modello unico 2009 sulla applicabilità al caso di specie dell'art. 68, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, che, a suo dire, avrebbe consentito il rimborso d'ufficio dei tributi corrisposti in eccedenza. Poiché l'assunzione di soggetti svantaggiati ai sensi dell'art. 7 della I. n. 388 del 2000 gli consentiva di conseguire un credito d'imposta, che pur contestato dall'Amministrazione in quel momento gli era stato riconosciuto con sentenza di primo grado, la società ritiene che in forza dell'art. 68, comma 2, cit., fosse perfezionata la fattispecie in esso regolata e pertanto correttamente aveva provveduto alla compensazione tra debiti e crediti fiscali. Di contro l'Agenzia delle entrate sostiene che la fattispecie non trovasse ingresso nell'art. 68, ma nell'art. 69, primo comma, ratione temporis vigente, che regolando le ipotesi di condanna della Amministrazione in favore del contribuente, prescriveva che al pagamento di somme a favore del contribuente dovesse provvedersi al passaggio in giudicato della sentenza.

Ebbene, le due norme solo apparentemente possono creare confusione interpretativa, perché mentre l'art. 69 pone le regole di pagamento in favore del contribuente di quanto dovuto dalla Amministrazione finanziaria a seguito di sua condanna in favore del primo, l'art. 68, comma 2, disciplina, unitamente alle ipotesi elencate nel primo comma, i pagamenti del tributo oggetto di controversia nella pendenza del giudizio. Così che, se le lett. a), b), c), c-bis) del primo comma quantificano la percentuale del tributo che il  contribuente è tenuto a versare nei gradi del giudizio e all'esito della sentenza di legittimità che annulli con rinvio, ma in ogni caso sul presupposto che in tutto o in parte il ricorso del contribuente non abbia trovato accoglimento, il secondo comma garantisce che comunque, ove dopo uno dei gradi risulti che il contribuente abbia versato più di quanto dovuto ai sensi delle previsioni contenute nel primo comma, egli ha diritto al rimborso del di più entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. L'art. 68 pertanto regola la misura del tributo dovuto nel corso del processo, ove il contribuente, in tutto o in parte, risulti comunque debitore nei confronti del fisco. L'ambito applicativo è circoscritto in questo perimetro, che garantisce al contribuente, in pendenza di giudizio, il pagamento di un importo non superiore al terzo o ai due terzi o a quell'importo riconosciuto in uno dei due gradi di merito o del giudizio di legittimità con annullamento con rinvio.

Per conseguenza tutte le altre ipotesi sono comprese nell'art. 69 del d.lgs. n. 546 del 1992. Tra esse è indubbio che debbano comprendersi le condanne al pagamento, in danno dell'Amministrazione finanziaria, di crediti d'imposta, che possono anche essere contestati dall'ufficio nell'an e nel quantum, ma che certo non rappresentano debiti fiscali per tributi litigiosi. E nel caso di specie è indiscutibile che il giudizio svoltosi nei due gradi di merito, e poi definitosi con l'ordinanza n. di questa Corte che ha rigettato le pretese del contribuente, aveva per oggetto il riconoscimento di crediti d'imposta, cioè crediti del contribuente verso il fisco, a cui pertanto non potevano certo applicarsi le regole poste dall'art. 68 a presidio degli obblighi di pagamento del tributo in pendenza del processo. Stride con la possibilità di applicare l'art. 68 lo stesso tenore letterale del secondo comma, che riconosce la rimborsabilità (entro novanta giorni) della differenza tra quanto il contribuente abbia già versato e quanto obbligato a versare secondo le regole poste nel primo comma, fattispecie del tutto diversa dal riconoscimento, sia pur non definitivo, di un credito d'imposta. Ne discende che i crediti d'imposta, che nel presente giudizio costituiscono il presupposto di tutta la controversia sviluppatasi ed ora giunta al vaglio della Corte, non potevano essere compensati nell'anno d'imposta 2008 con i tributi dovuti dalla società".