Cass., Ord. 01.12.2023, n. 33665

07.12.2023

Possibile rimessione alle Sezioni Unite circa il potere di autotutela e, specificamente, sulla natura derogatoria dell'esercizio del potere di autotutela tributaria rispetto al principio di unicità dell'accertamento integrativo.

Il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all' imposizione in caso di autoaccertamento spetta all'ufficio che ha emanato l'atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d'ufficio ovvero in via sostitutiva, in caso di grave inerzia, alla Direzione regionale o compartimentale dalla quale l'ufficio stesso dipende.

L'Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all' imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell' imposizione, quali tra l'altro: a) errore di persona; b) evidente errore logico o di calcolo; c) errore sul presupposto dell' imposta; d) doppia imposizione; e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti; f ) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza; g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione; non si procede all'annullamento d'ufficio, o alla rinuncia all' imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione finanziaria.

Dalle norme richiamate deriva, dunque, che il procedimento di autotutela in ambito fiscale può essere attivato dall'ufficio, di propria iniziativa; dal contribuente, mediante presentazione di istanza motivata all'Amministrazione finanziaria; dal Garante del contribuente, autonomamente o su sollecitazione del contribuente e che competente all'annullamento dell'atto illegittimo è lo stesso ufficio che lo ha emanato, cui spetta di provvedere, ovvero, nel caso di sua grave inerzia senza giustificato motivo, la Direzione regionale dell'Agenzia delle Entrate da cui l'ufficio dipende, in via sostitutiva. [...]

Il potere di autotutela dell'Amministrazione ha carattere generale e, pertanto, può essere legittimamente esercitato sino al momento in cui non si sia formato il giudicato sull'atto oggetto dello stesso ovvero, al contempo, sino a che non sia decorso il termine di decadenza, fissato dalle singole leggi di imposta, per l'emissione del nuovo avviso di accertamento e, ove non si sia formato il giudicato all'atto della notificazione del nuovo atto impositivo e non vi sia stata decadenza dal potere di accertamento, l'esercizio del potere di autotutela è non solo legittimo, ma corrisponde a un preciso potere-dovere dell'Amministrazione finanziaria, la quale è onerata, in virtù del c.d. principio di perennità, a sostituire l'atto annullato con un nuovo atto, ancorché di contenuto identico a quello annullato, privo dei vizi originari dello stesso. [...]

Ancora i giudici di legittimità hanno affermato che l'autotutela sostitutiva, che può essere esercitata anche in pendenza di giudizio, perché l'emissione del primo atto non consuma il potere di imposizione, può essere esercitato anche per rimuovere vizi sostanziali e non meramente formali del provvedimento e, su tale premessa, hanno ritenuto legittimo l'esercizio della cd. autotutela in malam partem: In materia tributaria, il potere di autotutela è funzionale al soddisfacimento dell' interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, sicché è legittimo l'annullamento, in tale sede, di un atto favorevole al contribuente, non essendone preclusa l'adozione dal D.M. n. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 1 recando quest'ultimo un'elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui l'amministrazione finanziaria può procedere all'annullamento in autotutela.

Sulla stessa scia questa Corte, dopo avere affermato che In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest'ultimo, ma costituisce esercizio dell'ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l'emanazione dell'atto annullato, nonché del generale potere di autotutela, in ordine alla quale, peraltro, l'Amministrazione non gode di alcun margine di discrezionalità, trattandosi di integrare le parti che hanno dato luogo all' invalidità dell'atto precedente ha, altresì, precisato che la sua emissione, pertanto, non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dall'art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell'Ufficio e di non condividere l'assunto difensivo della controricorrente secondo cui l'atto emesso in autotutela non potrebbe essere emanato in peius rispetto al contribuente. [...]

Nel senso della possibilità che l'amministrazione finanziaria sia dotata del potere di adottare in autotutela provvedimenti di annullamento di precedenti atti incidenti in malam partem, questa Corte ha rilevato che proprio l'art. 2-quater, comma 1, del D.L. n. 564/1994, conv. nella l. n. 656/94, legittima tale possibilità riferendosi semplicemente all'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca degli atti illegittimi o infondati, senza dunque operare alcuna distinzione fra atti in bonam partem o in malam partem ai fini del riconoscimento del potere di annullamento e revoca e che l'art. 1 del il D.M. n. 37/1997, che contiene un'elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui può procedersi alle ipotesi di annullamento in autotutela, ha inteso regolare le sole ipotesi di annullamento che avrebbero potuto ridondare favorevolmente sul contribuente - tanto da essere disposte senza istanza di parte - senza tuttavia prendere in alcuna considerazione le (ulteriori) ipotesi di annullamento modificativo di precedenti statuizioni che l'art. 2 quater cit. non esclude in alcun modo dal suo ambito operativo, concludendo, dunque, che deve quindi riconoscersi all'amministrazione fiscale il potere di adottare atti modificativi di precedenti statuizioni favorevoli al contribuente, proprio perché il potere di autotutela in ambito fiscale va riguardato in un'ottica protesa a salvaguardare il soddisfacimento dell'interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate. Se, dunque, non pare potersi revocare in dubbio che a monte dell'azione amministrativa tributaria vi è l'esigenza di incamerare i mezzi finanziari nell'ambito delle prerogative e nei limiti stabiliti dalla legge, analoga esigenza non può che governare anche l'esercizio dei poteri di autotutela, nell'ambito dei quali potrà peraltro essere pienamente realizzato anche l' interesse del contribuente a non subire una tassazione superiore a quella prevista dalla legge e determinata secondo le norme che regolano l'accertamento tributario. [...]

L'esercizio del potere di autotutela non presuppone necessariamente che l'atto ritirato sia affetto da vizi di forma, avendo l'Amministrazione, in virtù ed in forza dell' imperatività che ne connota l'agire, il potere di sostituire un precedente atto impositivo illegittimo con innovazioni che possono investirne tutti gli elementi strutturali, costituiti dai destinatari, dall'oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento. Ciò posto, se da un lato le specifiche caratteristiche che connotano l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva riconducono ad un potere di intervento dell'Ente impositore ampio e generale, giustificato, come è stato affermato, dal principio di perennità della potestà amministrativa, dall'altro lato, tuttavia, si pone sia un problema di coordinamento dell' istituto dell'autotutela sostitutiva con il principio (tendenziale) dell'unicità dell'accertamento, che dovrebbe deporre per l'esercizio di tale potere solo per la rimozione di vizi formali, sia l'esigenza di raccordare le norme dettate in tema di autotutela tributaria con le previsioni contenute negli artt. 43,comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, che condizionano il potere erariale di integrare gli atti impositivi alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, istituto, quello dell'accertamento integrativo, che, espressamente disciplinato dal legislatore, costituisce una deroga al principio dell'unicità dell'accertamento; più specificamente, a parere della dottrina richiamata, il principio di tutela dell'affidamento del contribuente non può essere pregiudicato dalla possibilità per l'Ufficio di esercitare il potere di autotutela al fine di correggere errori commessi in precedenza, non formali e modificativi in senso sostanziale del precedente atto, ove il nuovo atto emesso dall'Ufficio proceda alla richiesta di una maggiore pretesa, basata sul medesimo corredo istruttorio ed sul medesimo presupposto di fatto, perché così facendo si introdurrebbe un'ulteriore deroga, non prevista dalla legge, al principio dell'unicità dell'accertamento. Non solo, è stato pure precisato che estendere il perimetro dell'esercizio dell'autotutela sostitutiva anche ai vizi sostanziali dell'atto, oltre a rendere evanescente la linea di confine tra tale potere e quello di accertamento integrativo ex artt. 43, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972, comporta pure la modifica in peius della pretesa tributaria per il contribuente esclusivamente in virtù del richiamato principio di perennità della potestà amministrativa, giustificato dall'esigenza di una continua e puntuale aderenza dell'azione amministrativa all' interesse pubblico che si rileva dovrebbe essere informato, altresì al principio di buona amministrazione, in un'ottica di bilanciamento tra i contrapposti interessi in gioco: da un lato quello del contribuente a vedere determinata la pretesa fiscale in un unico atto, senza rischiare di essere esposto ad una rettifica della precedente pretesa, magari proprio in conseguenza della difesa da lui espletata durante il contenzioso, dall'altro quello dell'Erario ad effettuare integrazioni e rettifiche in caso di errori, commessi durante la redazione dell'atto. In ultimo, è stato sottolineato che un problema di demarcazione netta dei confini dell' istituto dell'autotutela sostitutiva e di quello dell'accertamento integrativo si pone anche in considerazione del fatto che l'accertamento integrativo ha per presupposto l'avviso di accertamento originariamente adottato che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, che, nella ricorrenza del presupposto della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Ufficio, viene integrato e modificato nell'oggetto e nel contenuto, conservando sia l'accertamento originario, sia l'accertamento integrativo la propria autonomia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione. [...]

Infine, la sostituzione in autotutela dell'avviso di accertamento è istituto diverso dall'accertamento integrativo, in quanto soltanto quest'ultimo può fondarsi sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi fatti di evasione, sicché l'avviso che abbia sostituito quello annullato in autotutela, ove incrementativo della ripresa a tassazione, non può fondarsi sulla mera rivalutazione fattuale e giuridica degli stessi elementi posti a fondamento di quello annullato, ma, in forza di quanto previsto dall'art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 su elementi in precedenza non conosciuti dall'Ufficio accertatore ed in questo senso essere adeguatamente motivato.

In conclusione, il Collegio, in considerazione della particolare importanza delle questioni di diritto sottoposte e ai fini della risoluzione del contrasto, ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente di questa Corte, ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c., ai fini dell'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.