Associazioni non riconosciute: La cessazione dell'attività è equiparata alla cancellazione dal registro delle imprese

28.11.2016

Pubblicato su Corriere Tributario, n. 45/2016

Un'associazione sportiva dilettantistica, non già iscritta al registro delle imprese[1], subiva una verifica contabile ad opera dell'Agenzia delle entrate procedente che, in conclusione all'accesso, dapprima disconosceva la natura non commerciale dell'ente accertato e successivamente, affermandone l'esercizio di attività di impresa, le contestava di essere venuta meno agli obblighi di fatturazione e di dichiarazione dell'IVA, sì procedendo al recupero, in via induttiva, di maggiori ricavi ai fini IRES, IRAP ed IVA appunto.

Nelle more del procedimento amministrativo, l'associazione espletava le formalità prescritte dall'art. 35, comma 4, D.P.R. n. 633/1972, e per l'effetto informava l'Agenzia delle entrate competente di aver cessato la propria attività[2].

Ciò nonostante, l'associazione cessata riceveva in notifica un avviso di accertamento esecutivo che, ritenuto illegittimo, veniva prontamente e tempestivamente impugnato dall'ente mediante la proposizione di ricorso in Commissione tributaria provinciale e quindi di appello in Commissione tributaria regionale. Tuttavia, entrambi le azioni giudiziarie risultavano vane, dacché i giudici di merito piemontesi ne disponevano il rigetto, in virtù del fatto che, non essendo mai stata l'associazione iscritta al Registro delle Imprese, non vi era stata neppure cancellazione, così che non si era determinato alcun effetto preclusivo dell'accertamento[3].

Dunque, ex art. 360 c.p.c., gli ex associati proponevano ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 38 e 2495 c.c., ribadendo l'illegittimità dell'avviso di accertamento siccome intestato e notificato all'associazione, dacché la stessa si era estinta già un anno prima che l'atto amministrativo le venisse notificato.

Il pronunciamento

Malgrado i giudici di legittimità abbiano dichiarato, in ultimo, la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata perché il giudizio non poteva avere inizio[4], la sentenza della Suprema Corte n. 9541/2016[5] si presta ad esser oggetto di commento, in virtù dei pregevoli principi di diritto in essa manifestati dal Collegio decidente, cui va riconosciuto il merito di aver affrancato, per primi nel panorama giurisprudenziale italiano, il fenomeno estintivo in seno alle associazioni sportive dilettantistiche.

Ebbene, l'iter logico seguito dai giudici di vertice è stato tanto semplice e lineare, quanto efficace e risolutivo.

Essi, sia pure riconoscendo l'error in iudicando commesso dalla Commissione tributaria regionale Piemonte, rea di non aver debitamente tenuto in considerazione la effettiva presenza dell'evento estintivo in capo all'associazione, hanno altresì precisato l'insussistenza della lamentata violazione dell'art. 2495 c.c., dacché la norma in parola, sì come novellata dall'art. 4 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, non è estensibile alle vicende estintive del soggetto non iscritto nel registro delle imprese, sicché l'inizio e la fine della qualità d'imprenditore sono subordinati all'effettivo svolgimento o al reale venir meno dell'attività imprenditoriale e non la formalità della cancellazione dal registro delle imprese[6].

In merito agli effetti prodotti, sull'atto, dal riconosciuto evento estintivo, i giudici di vertice hanno statuito che, in forza dell'art. 65, D.P.R. n. 600/1973, l'avviso di accertamento intestato al contribuente deceduto (idem dicasi per l'ente cessato) è affetto da nullità assoluta ed insanabile, dal momento che l'atto intestato al de cuius può essere notificato nel domicilio di quest'ultimo, nel solo caso in cui la sua notifica sia indirizzata agli eredi (collettivamente ed impersonalmente), e sempre che questi, almeno trenta giorni prima, non abbiano comunicato all'Ufficio delle imposte le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale. Ciò in quanto, tale irregolarità della notifica incide sulla struttura del rapporto tributario che, evidentemente, non può essere configurabile nei confronti di un soggetto non più esistente[7].

Attenzione, inoltre, che l'estinzione dell'ente riverbera i propri effetti anche e soprattutto sulla sua capacità processuale, il cui difetto originario è rilevabile ex officioanche in sede di legittimità[8].

I preminenti principi giuridici esposti dai giudici

Ebbene, i Supremi giudici di legittimità avevano già avuto modo di pronunciarsi sul tema dell'estinzione societaria (non anche delle associazioni), affermando che, una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2495, comma 2, c.c., come modificato dall'art. 4 del D.Lgs. n. 6/2003, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l'estinzione immediata delle società di capitali, impone un ripensamento della disciplina relativa alle società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento[9].

Il principio testé ricordato era poi stato succeduto, ma non rimpiazzato, bensì confermato ed ampliato, da quello per cui, qualora all'estinzione della società, per intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla stessa, le obbligazioni si trasferiscono ai soci che, in virtù di un fenomeno di tipo successorio sui generis, ne rispondo nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Del pari si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, benché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi non inclusi in detto bilancio, che si intendono rinunciati[10].

Pertanto è chiaro che, grazie al pronunciamento oggetto del presente commento, i massimi giudici abbiano completato il quadro delle ipotesi connesse al verificarsi dell'evento estintivo, effettuando un'azione volta ad uniformare la disciplina dei diversi tipi di soggetti giuridici, dacché adesso, la tematica de qua è stata analizzata sia con riguardo alle società (tanto di capitali, quanto di persone) sia anche alle associazioni.

In merito a queste ultime, vale la pena di ricordare che, secondo un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, l'associazione non riconosciuta, ancorché priva di personalità giuridica, è comunque considerata, dall'ordinamento italiano, a tutti gli effetti un centro di imputazione di situazioni giuridiche, distinto dagli associati, ragion per cui le sono applicabili, in via analogica ed in mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società.

D'altro canto, la terzietà dell'associazione rispetto agli associati emerge anche dalla lettera di cui all'art. 37 c.c., in virtù della quale i contributi degli associati e i beni acquisiti con questi contributi costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finché questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né possono pretendere la quota in caso di recesso.

Ed ancora, ulteriore elemento che evidenzia la separazione e/o la distinzione che vige tra associazione e associato si riscontra, ex lege, nel disposto[11] che prevede che per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune.

Il su esposto fondo comune quindi, con le dovute distinzioni, assurge quasi al rango di un distinto patrimonio, a se stante, della associazione che, si ripete, fintanto che perdura in vita, deve essere preventivamente escusso dai creditori insoddisfatti (tra questi il Fisco).

Elemento che, viceversa, lega associato ed associazione, è quello della rappresentanza dell'ente, dal momento che, di fatti, la legge prescrive che l'associazione: i) potrà essere rappresentata, ii) in suo nome potrà agire e iii) potrà stare in giudizio, per mezzo della persona o delle persone alle quali, secondo gli accordi, è stata conferita la presidenza o la direzione dell'ente[12].

Ma cosa succede, allora, se l'associazione non è più in vita perché cessa la propria attività ovvero, per l'effetto, si estingue?

La risposta che, sino all'avvento della sentenza de qua, appariva di difficile o quantomeno discordante soluzione, si mostra adesso più semplice.

Ebbene, come già diffusamente rappresentato in precedente parte del presente scritto, in forza del principio esposto nella sentenza in commento, non v'è più dubbio che l'estinzione della associazione produce i medesimi effetti giuridici che conseguono alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese.

Di fatti, espletate le formalità prescritte dal comma 4 dell'art. 35 del D.P.R. n. 633/1972[13], l'associazione cessa la propria attività, sì realizzando la condicio sine qua non che il Supremo Collegio ha posto a fondamento, facendone l'elemento costitutivo, dell'evento estintivo, là dove ha affermato che la qualità di imprenditore è subordinata all'effettivo svolgimento o al reale venir meno dell'attività imprenditoriale e non alla formalità della cancellazione dal registro delle imprese, essendo questo un adempimento non richiesto alle associazioni.

Le conseguenze sul piano sostanziale e processuale

Assodato che con la cancellazione della Partita IVA, ovvero per effetto della fattiva e reale cessazione dell'attività, l'associazione si estingue, val qui la pena di evidenziare quelli che sono gli effetti che ne conseguono.

Ebbene, innanzitutto, l'associazione cessata perde la propria capacità giuridica e processuale, tanto sul piano della legittimazione attiva, quanto passiva. Del pari, in conseguenza dell'evento estintivo, viene altresì ad interrompersi qualsivoglia rapporto di rappresentanza organica tra l'ex rappresentante e/o associato e l'ente "defunto".

Ex adverso, deve escludersi che l'estinzione dell'ente debitore determini la sparizione dei debiti insoddisfatti che terze parti vantavano nei suoi confronti, sì come la volontaria estinzione dell'ente collettivo non comporta la cessazione della materia del contendere nei giudizi contro di esso pendenti per l'accertamento di debiti sociali ancora insoddisfatti dacché, se così fosse, si finirebbe col consentire al debitore di disporre unilateralmente del diritto altrui, imponendo al creditore un asimmetrico ed irragionevole sacrificio[14].

Ma si proceda per ordine.

La perdita di ogni tipo di capacità giuridica e/o processuale comporta che l'ente giammai potrà essere destinatario della notificazione di un avviso impositivo o anche solo istruttorio (inviti a comparire; P.V.C.), dal momento che, per effetto della sua estinzione, come detto, viene meno la sua legittimazione passiva. Pertanto, nell'ipotesi in cui l'Ufficio e/o l'ente della riscossione e/o ancora un ente a questi affine dovesse provvedere, contra legem, all'emissione e notificazione di un atto esecutivo ad esso intestato, questo risulterà giuridicamente inesistente, in forza delle ragioni qui di seguito prospettate.

Innanzitutto, non può prescindersi dalla considerazione che l'atto impositivo possiede natura recettizia. Per tale ragione, il provvedimento amministrativo che dovesse essere intestato e notificato ad un soggetto estinto, sarà inesistente poiché mai venuto ad esistenza, poiché non si sarà mai perfezionata la sua procedura di notificazione[15].

Del pari, posto che tra gli elementi essenziali di un atto amministrativo va ricompresa l'esistenza del suo destinatario, va ulteriormente affermata la nullità di un avviso di accertamento intestato ad un soggetto estinto, anche in forza della violazione dell'art. 21-septies, Legge n. 241/1990, che, per l'appunto, sanziona con la nullità il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali[16].

In stretta correlazione ai precedenti due punti esaminati, va fatto altresì rilevare che la consegna dell'atto effettuata, brevi manu, all'ultimo legale rappresentate dell'associazione non varrà ai fini del perfezionamento della notifica dacché, come già riferito, dall'estinzione della associazione discende anche il venire meno di ogni rapporto di rappresentanza organica tra i soggetti de quibus.

Per le identiche ragioni testé addotte, l'eventuale proposizione del ricorso proposta: i) da parte di tale soggetto, se nella veste di legale rappresentante, ovvero ii) effettuata motu proprio dal soggetto estinto sarà inammissibile, per carenza di legittimazione attiva.

Dunque, per non incorrere in questo irreparabile errore, sarà fondamentale che a proporre l'azione sia sì il consegnatario dell'atto, ma nella veste di soggetto che ne ha interesse[17] e non di rappresentante legale (carica non più in essere), il quale dovrà far rilevare il difetto di legittimazione passiva dell'ente per estinzione dello stesso, quale conseguenza della cessazione dell'attività, chiedendo che venga dichiarata la nullità dell'atto[18].

Per quanto attiene, invece, ai debiti della associazione, come già ut supra argomentato, questi si trasferiranno, ex art. 38, comma 2 c.c., in capo alle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione.

Ciò non significa che a rispondere di questi saranno chiamati personalmente e solidalmente gli ex associati, ovvero i soggetti che rivestivano le cariche rappresentative dell'ente cessato, dacché i Supremi giudici di vertice hanno già avuto modo di precisare che, in tema di obbligazioni tributarie, deve essere esclusa la responsabilità personale e solidale ex art. 38 c.c. in capo al legale rappresentante di un'associazione non riconosciuta fondata sul mero presupposto della copertura della suddetta carica, in quanto tale responsabilità deve essere invece collegata alla concreta attività negoziale svolta per conto dell'associazione e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra l'ente ed i terzi[19], rapporti in relazione ai quali, chi agisce in giudizio, deve fornire idonea prova.

Ed inoltre, ferma restando che la chiusura della Partita IVA equivale alla cancellazione dal Registro delle Imprese (elementi costitutivi dell'estinzione dell'ente), è bene che l'Ufficio che intenda emettere l'atto impositivo, lo faccia intestando quest'ultimo alla giusta parte, altresì motivando, già ab origine, le ragioni per cui il soggetto destinatario è ritenuto responsabile della debenza.

Attenzione infine al dettato di cui all'art. 28, comma 4, del D.Lgs. n. 175/2014, in vigore dal 13 dicembre 2014, il quale dispone che, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'art. 2495 del Codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese.

Ebbene, l'attenzione va posta sul fatto che, malgrado la norma testé citata invochi espressamente l'art. 2495 c.c., sì dovendo apparire rivolta, in maniera esclusiva, alla disciplina della deroga quinquennale (in solo favore del Fisco) delle fattispecie involgenti l'estinzione a seguito di liquidazione delle società di capitali[20], in forza di quanto già diffusamente riferito in precedenza, nonché in virtù del pronunciamento reso lo scorso aprile dalla Suprema Corte di cassazione, l'art. 28 in parola deve essere, invero, ritenuto applicabile anche alle società di persone, poiché manifestamente esteso anche alle ipotesi di estinzione di queste ultime[21].

Orbene, la riflessione ivi seguita dai giudici di legittimità sembra ripercorrere le medesime elucubrazioni che avevano condotto, gli stessi, a pronunciare le sentenze gemelle nn. 4060, 4061, 4062/2010 e successivamente le nn. 6070, 6071, 6072/2013[22], dal cui impianto giurisprudenziale rimanevano escluse, siccome avviene oggi, le associazioni.

Pertanto, dal momento che i giudici estensori della sentenza in commento hanno fermamente escluso che l'art. 2495 c.c. possa essere estensivamente applicato alle ipotesi di cessazione delle associazioni, parrebbe doversi presumere che, per l'effetto, anche la "sospensione" dettata dall'art. 28 del D.Lgs. n. 175/2014, alla validità del fenomeno estintivo, dovrebbe rimanere esclusa ai prefati soggetti.

Purtuttavia, in considerazione della farraginosità del tema qui in esame ed evitando di correre ad affrettate conclusioni, sarà il caso di attendere che possano essere gli stessi esimi decidenti di vertice ad affrontare la questione, lasciando loro l'incombenza di dirimere il dubbio testé sollevato.

Dott. Carlo Ferrari - Dott. Angelo L. Ferrari

Note e bibliografia:

[1] Sono tenuti ad iscriversi nel Registro Imprese, ope legis, tutti gli imprenditori (art. 2082 c.c.) che svolgono una delle seguenti attività: i) produzione di beni e servizi; ii) intermediazione nella circolazione dei beni; iii) attività di trasporto di cose e di persone per terra per acqua e per cielo; iv) attività bancaria ed assicurativa; v) attività ausiliaria delle precedenti (agenzia, mediazione, ecc.); vi) attività agricola (per questa attività l'iscrizione è facoltativa al di sotto di un determinato volume d'affari).

[2] La norma impone che in caso di cessazione dell'attività, l'ente debba presentare una apposita dichiarazione all'Agenzia delle entrate, il cui termine di presentazione (ai sensi del comma 3) decorre dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell'azienda.

[3] Così Comm. trib. reg. Piemonte, 17 gennaio 2014, n. 59.

[4] L'associazione cessata, al pari di ogni altro soggetto giuridico estinto e/o persona fisica deceduta, perde qualsivoglia capacità giuridica e processuale. Per l'effetto, l'azione giurisdizionale intrapresa in proprio è tamquam non esset, in ragione del venir meno della legittimazione attiva dell'ente.

[5] Il testo della sentenza è riportato a seguire.

[6] Così, sia pure in tema di imprenditore individuale (analogicamente connesso all'associazione dallo stesso Collegio decidente), Cass., 23 settembre 2013, n. 21714; Cass., ord. 7 gennaio 2016, n. 98.

[7] Così anche Cass., 27 gennaio 2016, n. 1527.

[8] Così Cass., 8 ottobre 2014, n. 21188.

[9] Così Cass., SS.UU., 22 febbraio 2010, nn. 4060, 4061, 4062.

[10] Così Cass., SS.UU., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071, 6072.

[11] Sì detta, in materia di "Obbligazioni", l'art. 38 c.c. che, al comma 2, recita: Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione.

[12] Tanto prescrive l'art. 36 c.c., in materia di "Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute". 

[13] Così la norma: in caso di cessazione dell'attività il termine per la presentazione della dichiarazione di cui al comma 3 decorre dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell'azienda, per le quali rimangono ferme le disposizioni relative al versamento dell'imposta, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione.

[14] Cfr. in termini Cass., SS.UU., 12 novembre 2013, nn. 6070, 6071, 6072; Idem tandem Comm. trib. reg. Veneto, sent. 21 marzo 2016, n. 411; Contra attenta dottrina, C. Glendi, Corte Costituzionale, Sezioni Unite della Cassazione ed estinzione delle società cancellate dal Registro delle imprese, Dir. prat. trib., 6/2013, pag. 20945.

[15] Cfr. in termini Comm. trib. reg. Lombardia, 18 settembre 2014, n. 4757.

[16] Così Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, 4 marzo 2014, n. 69.

[17] Ai sensi dell'art. 100 c.p.c.

[18] Cfr. in termini Cass., ord. 17 dicembre 2013, n. 28187.

[19] Così Cass., ord. 17 giugno 2015, n. 12473.

[20] La norma è inserita nel: Libro V - Del lavoro, Titolo V - Delle società - Capo VIII - Scioglimento e liquidazione delle società di capitali.

[21] Cfr. Cass., 2 aprile 2015, n. 6743.

[22] Attraverso i pronunciamenti de quibusè stata estesa l'applicabilità dell'art. 2495 c.c. anche alle ipotesi di estinzione delle società di persone, sia pure con la precisazione che, mentre per le prime rappresenta un elemento avente forza costitutiva, per le seconde ha la sola valenza dichiarativa.