Cass., Sent. 29.07.2024, n. 21158

31.07.2024

Onere probatorio del contribuente per vincere la presunzione di attribuzione pro quota: dimostrare l'estraneità alla gestione sociale è insufficiente.

"L'art. 39, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973 legittima la presunzione di attribuzione "pro quota" ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente. Tale presunzione opera con riferimento allo stesso esercizio in cui gli utili sono stati realizzati e anche in assenza di rapporti di parentela, in quanto la ristrettezza della base sociale implica di per sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell'esistenza di utili extrabilancio.
In questo contesto, il contribuente che intende superare detta presunzione, ha l'onere di provare che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente realizzati dalla società ovvero che quest'ultima non li abbia distribuiti, ma accantonati o reinvestiti. Non è, invece, sufficiente - a parere del Collegio - che il socio si limiti a dimostrare la propria estraneità alla gestione sociale, atteso che siffatta agevolazione probatoria collide con le ragioni che legittimano la presunzione posta dalla ristretta base sociale e ne svuoterebbe il contenuto.

Invero, il socio di una società a ristretta base sociale, proprio per le caratteristiche della compagine associativa, è per definizione a conoscenza delle vicende societarie, alle quali ha comunque legittimo accesso anche laddove non partecipi alla effettiva amministrazione della società o ne sia stato estromesso. Ne consegue che, qualora egli assuma di non avere partecipato alla distribuzione degli utili extrabilancio, non può limitarsi a protestare la propria estraneità alla conduzione della società, ma deve dimostrare di non avere percepito quegli utili, indicando chi li ha percepiti ovvero come sono stati utilizzati. Né può ragionevolmente sostenersi che il socio estraneo alla gestione sociale non sia in grado di fornire tale prova (per il raggiungimento della quale, peraltro, possono essere utilizzate anche le presunzioni, secondo le regole generali), posto che la sua estraneità opera sul piano fattuale e non gli preclude certo l'esercizio dei poteri di informazione posti dalla legge a sua tutela. In questa stessa ottica si pone anche la recente Cass. n. 7170 del 04/03/2022, per la quale il socio di società di capitali a ristretta base partecipativa, che ricopra anche l'incarico di amministratore, può superare la presunzione di distribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non limitandosi a dedurre la propria estraneità alla gestione per l'esistenza di un amministratore di fatto, ma dimostrando la mancata distribuzione degli utili extracontabili oggetto dell'accertamento tributario perché sottratti dal gerente di fatto.

Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: l'art. 39, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973 legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare - eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva - che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente realizzati dalla società, che quest'ultima non li abbia distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne sia appropriato altro soggetto.

Per completezza, va evidenziato, in ragione del richiamo (erroneo) compiuto dalla parte ricorrente, che, quando viene contestata, in caso di società a ristretta base partecipativa, la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non è in alcun modo applicabile il disposto di cui all'art. 47 del TUIR, che attiene alla tassazione degli utili distribuiti ai soci, con delibere formali dell'assemblea e, pertanto, non trova applicazione per i redditi extracontabili, non menzionati nella contabilità societaria.

Si è detto che la prova a carico del contribuente può essere fornita anche per presunzioni e la valutazione della sussistenza degli indizi gravi, precisi e concordanti, idonei ad integrare detta prova, spetta indubbiamente al giudice di merito.

Tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la prova presuntiva (o indiziaria) esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell'istruzione, valutandoli tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri. In particolare, il giudice è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi."