Cass., Ord. 28.03.2022, n. 9942

29.03.2022

Sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie: non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato; è richiesta anche la consapevolezza del contribuente.

"Con il terzo motivo si denunzia che la sentenza impugnata, pur riconoscendo la buona fede e il legittimo affidamento dei contribuenti, ne ha poi contraddittoriamente rigettato in toto l'appello, confermando la pretesa erariale sia sotto il profilo delle maggiori imposte sia in punto di sanzioni; il motivo non è fondato; condividendo il principio di diritto, il Collegio intende dare seguito a Cass. 30/01/2020, n. 2139, secondo cui «In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l'art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall'art. 3 l. n. 689 del 1981, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l'agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l'ignoranza dei presupposti dell'illecito e dunque non superabile con l'uso della normale diligenza». Nella specie l'esimente della buona fede non opera, non avendo i contribuenti nemmeno dedotto di essere incorsi in un errore inevitabile secondo l'accezione sopra indicata"